21/11/07

Marta Sordi sulla grotta di "Romolo e Remo"

«Con molta probabilità, è stata trovata la grotta che già i Ro­mani avevano scoperto, alla fine del IV o all’inizio del III secolo a.C., e che ritenevano fosse il Lupercale, cioè il luogo in cui Romolo e Remo erano sta­ti allattati dalla lupa. Questa grotta è sta­ta perciò valorizzata da Augusto, che l’ha adattata a sacrario e vi ha costruito ac­canto la propria dimora sul Palatino, do­ve si trovava anche la cosiddetta capan­na di Romolo. Tutto torna. La scoperta o­ra annunciata è certamente un evento importante, ma non ci possiamo aspet­tare che comprovi il mito di Romolo. Non vuol dire cioè che quella grotta fosse l’au­tentico Lupercale, ma che i Romani così credevano che fosse».
Parla Marta Sordi, professore emerito di Storia greca e romana alla Cattolica di Milano, autrice di numerose opere tra cui Scritti di storia greca, Scritti di storia ro­mana e Impero Romano e cristianesimo.
Insomma, professoressa Sordi, non è provato che questa grotta sia il luogo dove veniva ambientato il mito dell’ori­gine di Roma?
«Dire che la grotta è 'di epoca romana' è un po’ poco; occorre precisare il seco­lo. Sarebbe molto utile perché la leggenda di Romolo nasce quasi 4 secoli dopo la fondazione di Roma: della lupa e dei gemelli, infatti, non si parla prima della fine del IV secolo. La famosa statua del­la lupa che allatta i gemelli è degli inizi del III secolo, ed è una scultura etrusca».
E finchè non si trovano prove anteriori, Romolo resta una figura leggendaria.
«Lo è certamente. Ripeto: Romolo è noto solo dal IV se­colo. Romolo e Re­mo e la lupa che li allatta compaiono solo agli inizi del III secolo. La tradi­zione più antica ri­corda Romolo o Romo come figlio di Enea e di Tirre­nia (secondo lo storico siciliano Alcimo); nella tradizione che s’impone successi­vamente Romolo è invece figlio di Mar­te e di Rea Silvia».
Quale significato ha per l’antica Roma il mito dei gemelli?
«È un mito che ricorre in tutta l’antichità, nel mondo mediterraneo, in quello ger­manico e anche fuori dall’ambito in­doeuropeo. E proprio la presenza dei gemelli dà il ca­rattere di leg­genda a quan­to viene tra­mandato in­torno alle ori­gini di Roma. Quanto al loro significato, quello è campo dell’antro­pologia e non della storia. Il Lupercale invece è collegato ai riti pastorali che si celebravano il 15 febbraio a Roma. I Lu­perchi erano sacerdoti che, in proces­sione, con pelli di capra colpivano le donne che volevano essere fecondate. I Lupercali hanno importanza storica per­ché proprio il 15 febbraio del 44 a.C. Ce­sare rifiuta il diadema, simbolo della mo­narchia, che Antonio gli offre. Non ne a­veva bisogno perché era già dittatore a vita; si trattava più che altro di una sce­neggiata preparata dall’opposizione per indurlo a qualificarsi re».
E la lupa che allatta è un’allegoria che indica i predestinati a grandi imprese?
«Il lupo era l’animale totemico per i Ro­mani. Come il Toro per gli Osci. La leg­genda legata al lupo fa dunque parte del­le tradizioni di Roma».
«In quest’antro Cesare rifiutò la corona di re, qui sopra Augusto costruì la sua casa»

(Autore:Luigi Dell’Aglio; Fonte: Avvenire del 21/11/2007)

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