12/03/08

Il Natale del Piccolo Principe

«Il racconto che egli scrive è un mosaico, un puzzle, una riserva che egli ha tenuto segreta e che, di colpo, in quest’estate 1942, estate di tutte le sciagure per il suo Paese, si rivela e porta interamente a compimento la sua vita di scrittore». Del Piccolo Principe, il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry tradotto in tutte le lingue, molto è stato già scritto.
Ma la genesi dell’opera evergreen per eccellenza, che continua ad affascinare generazioni di ragazzi ed adulti, è rimasta sempre costellata di misteri. Al punto che dietro le celebri figure allegoriche del racconto filosofico-morale, il gioco delle interpretazioni ha preso direzioni molto divergenti.
Probabilmente, nessuno riuscirà mai a trovare la chiave definitiva del capolavoro. Ma il noto saggista francese Alain Vircondelet ha recentemente potuto accedere, più di ogni altro studioso in passato, a ciò che resta degli anni dell’esilio newyorkese di Saint­Exupéry, durante il quale il Piccolo Principe venne scritto. L’avvocato testamentario di Consuelo de Saint-Exupéry, moglie, musa e prima erede di Antoine, ha infatti messo a disposizione del saggista un «tesoro» di lettere e altri documenti finora rimasti inediti: una somma di nuovi indizi divenuta il punto di partenza di La véritable histoire du Petit Prince («L’autentica storia del Piccolo Principe»), appena edito da Flammarion. Lo scopo dichiarato di Vircondelet è di scrostare la patina di mito che circonda da decenni la figura di Saint-Exupéry, cercando di restituire il più possibile le contraddizioni e le intime tensioni di una personalità tutt’altro che semplice. Anzi, una figura eminentemente pirandelliana, a giudicare dalle diverse identità sovrapposte che emergono dai documenti citati nel saggio. Nell’estate del 1942, a dare l’abbrivio al progetto di un «racconto per l’infanzia» fu una proposta di Eugène Reynal, l’editore negli Stati Uniti di Saint­Exupéry. Quest’ultimo, già celebre, vive nondimeno l’esilio newyorkese con profonda afflizione. A livello affettivo, il rapporto coniugale con Consuelo è una vorticosa altalena di passione amorosa e frustrazioni.
Inoltre, la Francia è occupata e Saint-Exupéry è perennemente assalito dai sensi di colpa per la propria «inattività». Al contempo gli eventi bellici, così come lo stesso ritmo da formicaio della vita newyorkese, ispirano continuamente allo scrittore il senso profondo di una perdita generale di autenticità e spiritualità. Nel tentativo di lasciarsi alle spalle questo cocktail fatale di sentimenti, secondo Vircondelet, Saint-Exupéry abbraccerà giorno dopo giorno con crescente fiducia ed entusiasmo l’occasione che gli è stata offerta di abbandonare il registro delle proprie opere precedenti, legate in gran parte ai ricordi dell’avventurosa giovinezza come pilota in America latina. In pochi mesi, saranno le certezze emotive legate al riavvicinamento con la moglie e la forza generata da una nuova intensa «stagione interiore» all’insegna del sentimento religioso a permettere allo scrittore di raggiungere i vertici di purezza del Piccolo Principe. Dai carteggi di quelle settimane febbrili, emerge quanto Saint­Exupéry sia stato intimamente incoraggiato dalla promessa da parte dell’editore di un’apparizione del racconto nel periodo natalizio: «L’opera intera si apre una via verso Betlemme e verso la sua speranza. Far concordare Il Piccolo Principe con Natale è per lui una sfida spirituale», scrive Vircondelet. Una volta completato il capolavoro di una vita, l’imperativo patriottico finisce per prevalere. Ma il celebrato scrittore-pilota che attraversa nel 1943 di nuovo l’Atlantico per servire la causa dell’agognata liberazione della Francia pare un uomo ormai distante anni luce dall’esule frustrato che aveva lasciato l’Europa solo qualche anno prima: «Una religiosità notturna lo abita, ma non si tratta più del cattolicesimo della sua infanzia, popolato di cerimonie gaie e in famiglia, di processioni e di ore squisite presso il padre abate catechista. Egli porta su di sé un’immagine devozionale di Teresa di Lisieux, che conobbe anch’ella la notte oscura, il dubbio, la sofferenza». Più lontana ed alta ancora dell’asteroide B 612 pare dunque l’origine del più grande «piccolo eroe» del Novecento.
Lo scrittore-pilota fu trasformato dal libro: «Una fede notturna lo abita e va in guerra portando su di sé un’immaginetta di santa Teresina»

(Autore: Daniele Zappalà; Fonte: Avvenire del 11/03/2008)

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