21/06/08

«Codice Gesù» : l'ennesimo teorema

Merita il titolo di coraggioso il lettore che s’accosta alla lettura di «Codice Gesù» di Robert Eisenman (Piemme, pagine 444, euro 22,50). Lo attendono centinaia di pagine di citazioni, rimandi, paragoni, e ragionamenti labirintici e tortuosi. Sarebbe il meno, se i frutti fossero buoni. Ma qui è evidente il difetto di quell’equilibrio di metodo che ogni storico, qualunque sia il campo sul quale applica la propria erudizione, è tenuto a rispettare. Lo squilibrio non è velato neppure dal sottotitolo del libro: «I manoscritti segreti di Qumran smascherano le manipolazioni e le falsificazioni dei Vangeli».
Siamo sulla scia solita, e ormai annosa, delle rivelazioni gridate e dei pugni alzati.
Diciamolo subito, i manoscritti di Qumran erano 'segreti', cioè impubblicati, vent’anni fa, e più, prima che ne fosse completata l’edizione integrale. Definirli ancora segreti oggi è come minimo disonesto. Ed è piuttosto triste constatare che esistono studiosi così fanaticamente appiccicati ai propri desideri da forzare una ricostruzione delle origini cristiane che incontri a tutti i costi la propria idea. Eisenman ripete ciò che già scriveva nel suo precedente «Giacomo, il fratello di Gesù», e cioè che gli eventi storici legati alla Chiesa primitiva sono stati ripetutamente alterati, travisati o eliminati, così che i Vangeli sarebbero del tutto inutilizzabili dal punto di vista storico. Secondo Eisenman, per ricostruire i fatti occorre rifarsi esclusivamente a fonti extrabibliche (manoscritti di Qumran e Nag-Hammadi, vangeli gnostici, Talmud, testi apocalittici, testi storici ecc.) degni di fede appunto perché 'non inquinati dalla fede'.
Convinto che il Nuovo Testamento sia stato costruito, con intenti cospiratori, da un certo Epafrodito, coadiuvato da san Paolo, cerca di rinvenire tutte le pezze che possano rattoppare la sua convinzione.
Il teorema è applicato con stupefacente coerenza: ogni documento che può contraddire i Vangeli, non importano datazioni, contraddizioni o sospetti di falsità, è degno di pensosa considerazione. Al contrario, tutto quanto può confermarli è guardato in tralice, con sospetto rancoroso. Il malvagio è, al solito, la Chiesa primitiva, una Spectre violenta, formata da una banda di teppisti culturali e maneschi manipolatori. Calatosi nella scena del crimine come un investigatore da telefilm, Eisenman identifica persino i colpevoli più attivi: Paolo («uomo polemico» e «privo delle benché minima traccia di simpatia umana») ed Epafrodito, algido segretario tuttofare dell’imperatore Domiziano. Resta da capire perché un lettore dovrebbe sottoporsi alla punitiva lettura di questo libro che, oltretutto, manca d’un indice dei nomi; grave mancanza perché qualora ci si scordi di segnare la pagina in cui compare il nome del colpevole (Epafrodito, il maggiordomo di Domiziano), tocca rileggersi tutto il libro per ritrovarlo. Il che, francamente, è chiedere troppo.

(Autore: Mario Iannaccone)

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