30/01/09

L'Apocalisse della modernità

Emilio Gentile, storico di fama internazionale e allievo di Renzo De Felice (dal quale ha ereditato il gusto per un'approfondita e originale interpretazione del fascismo), è tra gli studiosi italiani più curiosi e intelligenti del Novecento. Un altro campo d’interesse di Gentile è la “sacralizzazione” della politica (si veda il suo saggio, La democrazia di Dio. La religione americana nell’era dell’impero e del terrore).

Ora, in L’apocalisse della modernità. La Grande Guerra per l’uomo nuovo, edito da Mondadori, Gentile offre al lettore un appassionato e appassionante studio sulla Prima guerra mondiale, spaziando in un periodo storico compreso tra il 1870 (epoca della guerra franco-prussiana) e il dopoguerra (gli anni atroci e “folli” della Storia europea, in cui l’apocalisse della modernità generò i totalitarismi rossi, neri e bruni).

L'opera di Gentile - sorretta da una bella scrittura - è una vera e piacevole sorpresa per chi ama la Storia. Lo studioso, infatti, non solo restituisce il sapore di un’epoca, quella che precede la catastrofe del conflitto, ma tutto un mondo poco noto: l’altra faccia del solare medaglione della Belle Époque. Un’altra parte dominata dall’irrazionale, dalle tante previsioni e profezie di guerra che divennero sempre più frequenti nella pubblicistica, nella letteratura, nelle arti figurative, contribuendo a creare un clima di ansiosa aspettazione apocalittica.

Gentile scrive dello sfarzo della Belle Époque, un periodo storico dominato in Europa dal trionfo delle scienze, della cultura, della civilizzazione (che ebbe la sua apoteosi nell’esposizione universale di Parigi, inaugurata il 14 aprile 1900 dal presidente della Repubblica Émile Loubet con una sfarzosa e solenne cerimonia). E tuttavia, nell’epoca della bella modernità trionfante, lo storico scandaglia gli abissi neri dell’uomo europeo di fine Ottocento, rilevando quelle sfumature - espresse da Nietzsche - di décadence e “fine secolo”.

Ci furono alla fine dell’Ottocento alcuni intellettuali che perorarono la causa del pacifismo in Europa; Gentile, ad esempio, racconta la voce di una moderna Cassandra, come quella di Jean de Bloch, inascoltata. Prevalse, invece, la figura dell’uomo marziale della rigenerazione, in un’epoca che benché “sicura” e bella era avvertita come alla fine, oltre la decadenza, vicina alla morte.

Prevale il pensiero di Nietzsche, la voce di Zarathustra, l’antico profeta persiano, al quale il filosofo tedesco aveva ridato la parola per annunciare l’apocalisse della modernità e rivelare all’uomo moderno il destino di una grande guerra per la rigenerazione totale.

Gentile offre un’inedita visione dell’uomo della Belle Époque e descrive alcuni tipi europei vicini al pensiero di Nietzsche, come Max Beckmann e Alfred Kubin.

Il disegnatore Kubin fu anche uno scrittore; scrisse la sua opera letteraria maggiore - L’altra parte - in dodici settimane nella primavera del 1908. Un “romanzo fantastico” nel quale si racconta la distruzione della città di Perla.

Il protagonista del romanzo, un disegnatore e illustratore di trent’anni, condivide le visioni irrazionali dell’epoca con molti intellettuali, soprattutto tedeschi. Sotto l’influenza di Schopenhauer, di Nietzsche e di Dilthey, l’uomo di fine secolo prova diffidenza nei confronti dell’Aufklärung, delle scienze naturali e di tutto ciò che può essere assimilato al progresso tecnico.

Kubin, che preferisce i paesaggi dei Balcani a quelli italiani, e trova Parigi troppo ciarlatana, trasferendosi da Monaco a Zwickledt, non fa eccezione a quel modo si sentire. Condivide con Nietzsche un “individualismo aristocratico”.

Kubin, come molti altri giovani europei, vide in Nietzsche il profeta e la guida, colui che aveva rivelato il destino dell’uomo moderno, annunciando l’apocalisse della modernità, la catastrofe rigeneratrice, l’avvento dell’uomo nuovo.

Nella “bella” estate del 1914, mentre i capi militari e i diplomatici d’Europa danzavano su un vulcano acceso, la scintilla di Sarajevo innescò un conflitto mondiale che molti pensavano impossibile. Intellettuali come Thomas Mann, Max Weber e Robert Musil gioirono. Molti giovani volontari tedeschi andarono al fronte portando nello zaino le opere di Nietzsche. Una libreria di Londra affisse alla vetrina un cartello su cui era scritto che il conflitto iniziato il 2 agosto 1914 era “la guerra europea di Nietzsche”.

Era la fine di un’epoca, solo pochi intellettuali europei se ne accorsero – Gentile ricorda Romain Rolland e Karl Kraus – ma la fine dell’Europa era iniziata e i giovani e baldanzosi eroi della patria divennero presto i rottami di una creazione frantumata. (Roberto Coaloa)


Nessun commento:

Posta un commento