03/12/10

Lucopeia: una nuova silloge poetica di Luca Tumminello

di Franca Alaimo

Scrive Luca Tumminello in una e-mail inviatami lo scorso 6 Agosto 2010: “Ho scritto questi versi in uno stato quasi di trance, come uno sciamano. Sono stato un canale: qualcosa si è impossessata di me e mi sono ritrovato in uno stato dell’essere in cui tutto ciò che sentivo era il risuonare dei versi in me”: ed ecco che un primo segnale di così infuocata investitura poetica va colto nel ritmo velocissimo dei versi, tutti di misura breve, legati, spesso, fra loro, da una felice, festosa, fluida sonorità piuttosto che da nessi del tutto consequenziali e logici; così che la loro segreta armonia risiede proprio nell’unicità inequivocabile del tono complessivo della costruzione poematica della silloge, al di là della suddivisione in strofe, che, fra l’altro, obbediscono alla misura costante del 12: ognuna di esse, infatti, si compone di dodici versi, e molti di essi, cuciti insieme, costruiscono dei perfetti dodecasillabi.

Questa fedeltà al numero dodici non può essere casuale: esso rievoca il ritmo temporale dell’anno scandito in dodici mesi, entro il quale si ripete il ciclo delle stagioni e la danza della Terra intorno al Sole, nucleo vitale del cosmo. Con un’immagine di sorprendente bellezza, infatti, i pianeti orbitanti vengono definiti dall’autore “dervisci”, cosa che rende simbolici, sacralizzandoli, il moto tracciato negli spazi celesti e l’intero cosmo. Poiché, infine, lo stato di trance di cui Luca parla altro non è che pienezza d’abbandono allo stupore ipnotico della vita del Tutto; e questa partecipazione fisico-psichica all’energia cosmica, questa abbondanza di eccitazione finisce con il tracciare un percorso poetico che tenta l’unione fra visibile ed invisibile, senso e sovrasenso, farsi e disfarsi, finito ed infinito, rivelando all’autore come al lettore la necessità degli opposti, la loro implicita santità.

Ecco, allora, quei versi che, riferendosi alla poesia e all’arte in genere, le definiscono quali “Gloria del Sigillo, alta meraviglia, ghirlanda” (XXI), attribuendo loro le funzioni di “aspirare al valore supremo”, “vegliare…il mondo e l’uomo”, lodare “il Giglio che discende”. La poesia, in particolare, come si legge nella strofa XVII, è “Fede / parola disumana”, che tenta di comprendere il senso universale.

Il compito di Conoscenza affidato alla poesia non si genera da un’astrazione filosofica (sebbene io stessa sappia bene quante e quali letture costituiscano il sostrato culturale del giovane cantore, particolarmente attratto dalle dottrine sapienziali della Tradizione universale e dagli scritti alchemici e “magici”), ma piuttosto da un infittirsi e dilatarsi insieme delle capacità sensorie che, generando una clamorosa eccedenza vitale, che Luca definisce stupendamente “diluvio d’ardore” nella strofa introduttiva di nove versi (l’unica di tale misura, ma a nessuno sfugge il significato sacro e dantesco del numero 9!) fanno sovente del suo corpo una sorta di canale, un mezzo di cui qualcosa si impossessa per dire.

Torniamo così ad una concezione classica dell’ispirazione, dell’entusiasmo (lo spirare dentro del θεός ). I versi di Lucopeia sono di fatto, dal punto di vista soprattutto visivo, barocchi, gremiti come sono di tante immagini: infatti, è dalla felicità visiva che si genera quello slancio che la ingloba e allo stesso tempo la oltrepassa per farne idea e pensiero. Né possiamo dimenticare che il verbo vedere e il sostantivo idea muovono, dal punto di vista etimologico, dalla stessa radice.

Tra le immagini più ricorrenti che fanno da tramite tra terreno e celeste, tra senso e sovrasenso, particolare rilievo assume quella della rosa, al punto che nella strofa 30, Luca afferma: “Dio avviene in silenzio / quando la rosa nel giardino / è rosa protesa ad essere rosa.”. La rosa, infatti, è uno dei simboli più importanti che attraversa la cultura millenaria dell’uomo, dall’età pagana a quella cristiana, figura prima dell’amore terreno, poi di quello celeste; e nell’alchimia dei due principi originari.

È da notare che l’immagine della rosa quale accadimento a gloria di Dio è collocata nella trentesima strofa di Lucopeia, così come la rosa candida dei Beati è introdotta nel trentesimo canto del Paradiso. Inoltre, la materia del poemetto di Tumminello, come si annotava precedentemente, si snoda in 33 strofe, così come 33 sono i canti di ogni cantica dantesca!

Perfino il numero 9 dei versi della strofa introduttiva ci riporta ad un numero amatissimo da Dante, in quanto legato alla sua storia d’amore con la diletta Beatrice. Non accenno a questo particolare vanamente: la presenza femminile, sebbene molto abilmente velata, risuona ovunque come ardore propulsivo del cuore e si concretizza nella strofa 19, in cui si legge: “grato il cuore al Primo Volto / per il volto più bello: la sposa, / risplenda vivace il sorriso / che uomo mi fece d’amore”.

Come non pensare al celeberrimo sonetto dantesco “Tanto gentile e tanto onesta pare”, in cui Beatrice si fa tramite fra Cielo e Terra, e per mezzo di lei amore celeste e amore terreno si abbracciano? E come ancora di più ciò accadrà nel Paradiso?

Il Primo Volto che è quello di Dio genera, infatti, innumerevoli altri volti, il più bello dei quali è quello della Sposa. Il cuore, allora, come si legge nella stessa strofa, si fa il vaso “con il sole e la rosa”: principio maschile e femminile, infine, si fondono nell’amore.

Il termine Lucopeia, inventato dal poeta con un preciso riferimento alla luce, sigilla il poemetto dandogli il titolo; anch’esso ispirato, viene pronunciato proprio dal centro del petto, qui abitato da un betilo, cioè da una di quelle pietre sacre che si ritenevano fossero dimore divine.

Tale suggello sacro investe l’intera pronuncia poetica di Luca Tumminello che già nella silloge precedente “Terre di Telesmaaveva dato voce alla sua originale poetica, ancora più stupefacente se la si misura con quelle per lo più imperanti in un’epoca dispogliata del senso divino della vita.
(dalla postfazione: Luca Tumminello, il poeta-sciamano)

Cliccare sul link qui sotto per visualizzare il testo:

http://www.ebook-larecherche.it/ebook.asp?Id=62

2 commenti:

  1. Credo che qui si tratti di una vera e propria iniziazione poetica trascendente, con investitura dall'alto. Grazie a Dio, o agli angeli ed arcangeli, tali investiture esistono ancora. Padre Danilo, da Olbia.

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  2. Caro Padre Danilo, grazie del commento che sottoscrivo.

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