30/04/11

ZEIGEIST: CONTROINFORMAZIONE O CIALTRONERIA? Il nuovo movimento che predica la falsità del Cristianesimo

di Gianluca Marletta

“Più inizi a porti domande su tutto ciò che crediamo di comprendere… su da dove veniamo, su ciò che pensiamo delle nostre azioni… e più inizi a vedere che ci è stato mentito: ogni istituzione ci ha mentito…”. (ZEITGEIST, The Movie)

Il nostro tempo potrebbe essere definito anche come l’epoca della sfiducia radicale. A fronte della caduta delle grandi ideologie e della perdita di credito subita dalle istituzioni politiche, scientifiche, statali e religiose, la reazione di molti nostri contemporanei, infatti, sembra indirizzarsi verso una generalizzata critica per tutto quello che, con espressione inflazionata ma efficace, viene spregiativamente definito “cultura ufficiale”.

Questo atteggiamento non può sempre essere biasimato.

Il discredito in cui è caduta l’informazione mass-mediatica accusata di manipolare e ingannare l’opinione pubblica, l’arroganza di un potere economico ogni giorno più invadente e disumano, l’ottuso conservatorismo e la sottomissione ai poteri forti da parte dei rappresentanti della “scienza”, i sacrosanti dubbi sulle vere cause e sugli autentici scopi di molti avvenimenti della storia più recente, il fariseismo e/o il secolarismo imperante presso istituzioni e personalità religiose, sembrerebbero infatti giustificare le ragioni di uno scetticismo così diffuso.

Il discredito verso la “cultura ufficiale”, d’altronde, genera per reazione una sorta di autodifesa che, giovandosi dei mezzi di comunicazioni più recenti, si concretizza nella creazione di spazi di “controinformazione”, di gruppi, blog e servizi informativi “non allineati”, dove il bisogno represso di verità si esplica in tutte le forme possibili. Questo mare magnum dove si trova tutto e il contrario di tutto, dove la notizia più interessante può sovente mescolarsi alla menzogna e al delirio, dove la limpidezza di intenti può trovar posto al pari dell’inganno e delle motivazioni più oscure e inquietanti, è anche il luogo sociologico dove vedono la luce veri e propri movimenti di pensiero destinati a catalizzare l’interesse di vaste masse. Fra questi movimenti, uno dei più noti (ma anche dei più ambigui), è certamente il movimento ZEITGEIST, che col suo programma di radicale messa in discussione della politica, della cultura e della religione ha conquistato milioni di simpatizzanti in tutto il mondo.

- Cosa predica ZEITGEIST?

Il termine tedesco Zeitgeist, letteralmente “spirito del tempo”, è stato scelto per indicare un movimento d’idee che si prefiggerebbe una radicale messa in discussione della cultura “dominante” in tutte le sue forme. Il movimento nasce di fatto a partire da tre documentari prodotti dall’americano Peter Joseph (Zeitgeist:the Movie del 2007, Zeitgeist:Addendum del 2008 e Zeitgeist:Moving Forward del 2011), distribuiti gratuitamente sul web allo scopo di favorirne una più capillare diffusione. Mescolando elementi di socialismo utopico (abolizione della moneta e delle banche), ecologismo, suggestioni New Age e cospirazionismo, lo scopo dei film sembra essere apparentemente quella di promuovere un radicale e scetticismo verso ogni forma di “autorità”, a partire dalla rivelazione pubblica di “verità nascoste”.

D’altronde, i contenuti di questi filmati sono vari e non di rado interessanti, benché caratterizzati dalla continua mescolanza di informazioni e illazioni. Il tono accattivante dei commenti, la perentorietà delle affermazioni -che solo di rado vengono suffragate da pezze d’appoggio, ma sono costantemente proposte in maniera assertiva come dati acquisiti- creano peraltro nello spettatore una disposizione ad accettare tutto il contenuto del messaggio come verosimile e condivisibile. I temi trattati spaziano dal ruolo delle banche nel potere politico all’usura e al signoraggio, dai dubbi sulla versione ufficiale della tragedia dell’11 settembre alla critica dell’economia. Il nucleo più corposo, tuttavia, è costituito da una serrata e implacabile critica religiosa –indirizzata quasi esclusivamente contro il Cristianesimo- dove 2000 anni di fede in Cristo vengono derubricati come strumento di dominio oppressivo sulle coscienze, di annichilimento della felicità e, soprattutto …come clamoroso e ignobile inganno storico!

Falsità del Cristianesimo? Un ingegnoso esempio di fanta-mitologia.

Non c’è dubbio che lo scopo principale di Zeitgeist sia, prima d’ogni altra cosa, una messa in discussione radicale del Cristianesimo. A tal scopo, l’autore (o gli autori) dei filmati rispolverano soprattutto la vecchia teoria mitica di ottocentesca memoria, per cui la stessa figura di Cristo non sarebbe altro che la mera riproposizione di antiche figure mitiche, come le divinità solari presenti nei culti dei popoli mediterranei.

Ed è così che, mescolando abilmente mezze verità con vere e proprie bufale, Zeitgeist riesce a produrre uno “spot” pseudo-storico che nessun esperto prenderebbe sul serio, ma che può risultare decisamente accattivante agli occhi di un “non addetto ai lavori”.

Alcuni dei dati ostentati con tanti sicumera nei film Zeitgeist, per la loro palese inconsistenza storico-religiosa, sembrerebbero persino gettare un ragionevole dubbio sulla buona fede degli autori: é questo, ad esempio, il caso del presunto parallelismo tra la figura del dio egizio Horus e Gesù. Nel corso dei filmati, infatti, si afferma che il dio Horus avrebbe avuto 12 discepoli, avrebbe operato miracoli e sarebbe stato “crocefisso” (!) per poi risorgere dopo tre giorni[1] …insomma, una vera e propria fanta-mitologia inventata di sanapianta ad uso e consumo delle proprie ipotesi, utilizzata però con molta spregiudicatezza per accusare il Cristianesimo di “plagio”!

Analoghi esempi di tale atteggiamento si susseguono a spron battuto nel corso delle produzioni targate Zeitgeist, dove in un florilegio di forzature o di autentiche mistificazioni, si afferma ad esempio che anche il dio frigio Attis –nume microasiatico della generazione e della rigenerazione- sarebbe stato crocefisso (?) oppure, saltando all’Antico Testamento, che il nome Mosè –in realtà di evidente origine egizia[2]- null’altro sarebbe che la translitterazione del cretese Minos o del sanscrito Manu (sorprendente esempi di fanta-etimologia, tanto suggestiva quanto inconsistente). …e tutto questo, alla faccia delle rassicuranti dichiarazioni dell’autore che, allo scopo di apparire più convincente, dichiara di “non voler essere offensivo ma di voler basarsi SUI FATTI. Di non voler ferire sentimenti, ma di voler essere ACCADEMICAMENTE CORRETTO” (!).

Naturalmente, i filmati Zeitgeist contengono anche dati storico-religiosi autentici utilizzati, come spesso accade in questi casi, per avvallare la credibilità di tutto il contesto. Così, ad esempio, è innegabile che esistano alcune analogie simboliche tra le vicende evangeliche e i miti di altre tradizioni spirituali; ma tali analogie, lungi dall’essere banalmente interpretabili come “scopiazzature”, rimandano piuttosto ad un comune sottofondo di simboli e di archetipi che sottende a tutta l’esperienza religiosa umana[3]. Un patrimonio comune che, tuttavia, è ben lungi dal poter dimostrare l’infondatezza storica della figura di Gesù. E d’altronde, così sembrerebbero pensarla anche gli autori di Zeigeist, che se avessero avuto abbastanza dati “reali” a sostegno delle loro tesi, non avrebbero evidentemente sentito il bisogno di inventarne di falsi…

- Ma il loro vero scopo é…

Ma a questo punto, al cospetto di una tale opera di mistificazione bella e buona, riecheggia quasi spontaneamente l’inquietante frase che più di un secolo fa si lasciò “scappare” dalla bocca Elena Petrovna Blavatsky: “nostro scopo non è di restaurare l’Induismo, ma di cancellare il Cristianesimo dalla faccia della terra”[4]. Proprio quella Blavatsky la quale, fondatrice di una Società Teosofica nata mescolando centoni di tradizioni orientali malcomprese con vaghe reminescenze di gnosticismo occidentale, può essere idealmente posta a capostipite di quella corrente neospiritualista confluita più di recente nello “stato di spirito” collettivo noto come New Age. Un movimento New Age dove, a fronte di una sbandierata proposta di “nuova spiritualità”, si cela più probabilmente l’interesse di chi, nella prospettiva della creazione (e imposizione?) di un Nuovo Ordine Mondiale, ha tutto lo scopo di omologare le varie identità religiose e culturali in un melting pot informe e inoffensivo. Una New Age dove, non a caso, è centrale quell’attesa della nuova Età dell’Acquario che dovrebbe sostituire la vecchia Età dei Pesci caratterizzata dal Cristianesimo: proprio il genere di suggestioni a cui attingono a piene mani gli autori di Zeitgeist.

Purtroppo però, a fronte di una diffusissima (e spesso coltivata) ignoranza di massa sulle tematiche religiose, accade ormai fin troppo spesso che certe “attraenti interpretazioni” finiscano per irretire un numero sempre crescente di persone; e, cosa ancor più dannosa, esse finiscono per ingannare soprattutto i più sensibili e intelligenti fra i nostri contemporanei, ovvero quei “cercatori di verità” a cui, sempre più spesso, il mare magnum della sottocultura contemporanea sembra offrire solo pallide parodie o interessate menzogne.

[1] E’ probabile, inoltre, che in questo specifico caso, l’autore di Zeitgeist abbia per ignoranza sovrapposto (o letteralmente confuso) il mito di Horus con quello di Osiride: è Osiride, infatti, a venir ingannato e ucciso dal fratellastro Tifone-Set e a risorgere successivamente grazie alla magia di Iside. Anche nel mito di Osiride, tuttavia, non appare minimamente alcun “racconto di crocefissione”.
[2] Il nome Mosé rimanda, con ogni probabilità, all’antico termine egizio Mòsis (figlio). Come abbiano fatto gli autori di Zeitgeist a ricondurlo ad una radice cretese o indiana, questo è un vero mistero.
[3] Che il simbolo della Croce, ad esempio, possieda un significato sacro in una moltitudine di culture pre e post-cristiane, è un dato di fatto; ma questo non impedisce affatto che ”la croce” sia stata anche uno strumento di supplizio il cui utilizzo è tristemente documentato dagli storici antichi. In una prospettiva di fede, in effetti, non vi è nulla di strano che gli episodi della vita di Cristo possano essere, al tempo stesso, storicamente concreti quando significativamente simbolici. Chi ha occhi per vedere…
[4] Dichiarazione della Blavatsky, rilasciata sulla rivista The Medium and Daybreak, London 1893, p.23


28/04/11

Ricordando Padre Ginepro Zoppetti : "Terapia dell’anima ed esperienza cristiana"


Padre Giorgio Ginepro Zoppetti nacque a Passerella di sopra in comune di Jesolo (Venezia) il 17 aprile 1923 ed entrò giovanissimo nella religione francescana, fin dall’ agosto del 1941.
Figura singolare, dotata di particolari carismi, fu studioso di filosofia, appassionato cultore e grande conoscitore del pensiero bonaventuriano, egli si interessò anche di filosofia moderna e contemporanea, in particolare di Ugo Spirito, che conobbe personalmente e del quale fu amico.
Amante e profondo conoscitore dell’arte, in specie di quella figurativa, coltivò altresì l’interesse per la psicologia e per tutte le scienze dell’uomo sia quelle moderne che quelle cosmologiche tradizionali sempre con il solo fine operativo di curare, sanare e guarire in vista dell’amore al progetto divino scritto in ogni singolo cammino personale. Pur dotato di straordinarie doti intellettuali e doni preternaturali, visse in assoluta povertà di spirito ed obbedienza al carisma francescano senza mai appropriarsi di queste sue facoltà, mettendole però a disposizione con discrezione e nascondimento di chi incontrava sulla sua via. Anche nella sua alta opera intellettuale e pastorale agì sempre con umiltà e pur difendendo con energia le sue idee e convinzioni , non cercò mai di apparire. Pur avendone le capacità non ritenne utile ed opportuno scrivere libri o saggi, ma svolse una intensissima attività di mediatore e di promotore culturale dirigendo per moltissimi anni la rivista di formazione e cultura francescana” Vita Minorum “, sulla quale firmò più di cinquanta articoli. Fu uno dei curatori del Dizionario Francescano e tradusse numerosi saggi di teologia e cultura religiosa specialmente dallo spagnolo, curando moltissime pubblicazioni. Privo di qualsiasi esotismo e spirito sincretistico, fu francescano e cattolico romano fino in fondo, sempre però animato da spirito ecumenico ed universale. Dedicò, in particolare, molti dei suoi sforzi all’unità delle famiglie francescane, le cui divisioni gli causavano profonda sofferenza.
Fu sostenitore degli aspetti profetici del Concilio Vaticano II e poi come molti, in parte deluso dalle appropriazioni moderniste dello stesso. Amante della sapienza tradizionale e molto meno dei tradizionalismi da alcuni fu tacciato di progressismo e da molti altri di conservatorismo. La sua spiritualità asciutta ed essenziale ed il suo pensiero, rigoroso, eclettico e radicale ad un tempo, lo pongono in realtà profeticamente al di là degli stereotipi intellettualistici contemporanei. I suoi ultimi anni, prima della nascita al Cielo avvenuta il 15 aprile 1997, li trascorse a Montegrotto Terme in provincia di Padova, pur intessendo relazioni di amicizia, paternità e consiglio spirituale con molti amici e discepoli sparsi in tutta la penisola. Trascorsi oltre 14 anni dalla sua morte , in molti continuano a ricordarlo con affetto e riconoscenza.
Alcuni di essi, consapevoli che i suoi insegnamenti – trasmessi quasi esclusivamente oralmente- e la singolare sintesi di pensiero e di prassi, di antica sapienza e di conoscenza dell’uomo contemporaneo, testimoniate con la sua stessa vita, sono un patrimonio da non disperdere, ma da trasmettere e vivere negli ultimi passaggi che ci attendono, hanno cominciato a raccogliere e pubblicare alcune registrazioni originali avvenute in occasione di incontri, esercizi spirituali ed occasioni pubbliche.
Così a cura di Claudio Coen Belinfanti e dell’emerito Prof. Maurizio Malaguti, presidente del Centro Studi Bonaventuriani, fu pubblicato nel 2008, come allegato alla rivista “Vita Minorum” , un prezioso volumetto intitolato “Davanti a Gesù, conversazioni con Padre Ginepro”. Tale piccola e preziosa opera sarà lo spunto di un incontro intitolato “Terapia dell’anima ed esperienza cristiana” in programma il prossimo 29 aprile presso il Centro Russia Ecumenica in Via di Borgo Pio, 141 in Roma alle ore 17,30 . Nell’occasione verranno distribuite in omaggio ai presenti alcune copie di tale volume che non è in commercio.

Conoscenza di sé - Terapia e formazione della persona nell’esperienza cristiana

Antologia di scritti e testimonianze di Padre Ginepro Zoppetti o.f.m. ( 1923-1997 )

da “La persona come protagonista della formazione permanente” articolo pubblicato su “Vita Minorum” (a38) n.2-1996 e brani selezionati dal volume intitolato “Davanti a Gesù conversazioni con Padre Ginepro”(6-2008)

a cura di Anagogia e della redazione romana di testatadangolo

L’ambizione di cambiare il mondo ci fa spesso dimenticare che l’unica maniera di ottenere qualche risultato è quella di cominciare da se stessi.”

“Il cuore della metafisica della persona è nella coscienza, nella percezione del proprio io e cioè nella consapevolezza di essere se stessi. Soltanto lo spirito riesce a ripiegarsi su se stesso, come se da soggetto diventasse oggetto pur restando soggetto. Allora la coscienza diventa il centro di animazione di tutta la persona ; per questo tutte le sfere e le facoltà si riferiscono a questo punto essenziale che è la coscienza : << So di essere io>>; << Io sono un centro di energia e responsabilità>>. Il sottinteso metafisico e filosofico della persona è che essa è un soggetto essenzialmente spirituale che irradia la sua potenza unificatrice a tutte le aeree ella personalità, da quella meramente spirituale a quella psichica, fisica e sociale. L’essenziale è questo: accettare una concezione della persona che riconduce la molteplicità degli elementi costitutivi dell’uomo- il corpo, la psiche,la mente, i sentimenti, ,i sensi- ad un unico centro che è la coscienza e cioè la consapevolezza di se stessi.”

Quello che la Bibbia chiama “cuore” è l’apice dell’uomo- la mente – che non è sola ragione, ma sapienza: è il centro unitario della persona. “La circoncisione del cuore indica infatti la consacrazione di tutto l’uomo, dal più profondo del proprio essere, a Dio.

Il “Conosci te stesso” della sapienza greca ha assunto una portata diversa nella sapienza cristiana, ma ha conservato intatta la sua esigenza psicologica di autoconoscenza riflessa e di dinamica promozione della propria piena realizzazione. L’autoanalisi fenomenologica è , perciò, il primo passo da compiere in ordine all’acquisizione della conoscenza riflessa di sé. Occorre registrare tutte le proprie manifestazioni, interiori ed esteriori, interpretandole nel loro significato immediato, senza formulare valutazioni di sorta. Si tratta di prendere atto di ciò che di fatto si è . Successivamente si potrà tentare di scoprire il coordinamento spontaneo delle varie tendenze e potenze. In ogni persona, infatti l’esigenza di struttura unitaria e compatta si manifesta nel coordinamento dei vari elementi costitutivi attorno ad un elemento catalizzatore, che volgarmente viene ravvisato come elemento caratteriale. La personalità si configura come immagine orientativamente abbozzata più o meno definita che si offre come oggetto di ulteriori esplorazioni. Si tratterà allora di analizzarla attentamente e di definirne i contorni, scoprirne le implicazioni, evidenziarne le potenzialità, i limiti, le lacune.”

“L’operazione è difficile quanto maggiore è l’esigenza di obiettività applicata alla realtà del proprio mondo interiore, così complesso mutevole, sfuggente, spesso ingannevole. Un tempo si poteva cercare un aiuto nel direttore spirituale, sempre difficile a trovarsi , oggi più che mai raro. Ma ci vengono in aiuto , le cosiddette “scienze dell’uomo”, prima fra tutte la psicologia sperimentale. Come spesso succede nei confronti delle novità culturali, scientifiche e di costume, la prima reazione è stata, soprattutto nel mondo religioso, di diffidenza o di rifiuto. Ben presto però diffidenza e rifiuto si sono ribaltati in un atteggiamento indiscreto di sottomissione quasi acritica. Le tecniche della psicologia sperimentale sembravano dare la massima garanzia di obiettività nella conoscenza di sé e degli altri. Ma senza voler nulla detrarre al valore scientifico dei mezzi e dei metodi della psicologia , resta sempre valida l’affermazione di Emanuel Mounier il filosofo della personalità : “il miglior specchio dell’uomo è lo sguardo di un altro uomo”.

“Dove l’uomo non è necessariamente uno scienziato, ma un uomo che abbia realizzato la propria personalità. L’uomo con il quale sia possibile un confronto dialogico, il calarsi nella coscienza dell’altro, per cogliervi somiglianze e diversità. Un confronto che fa risaltare l’assoluta somiglianza in ciò che maggiormente differenzia le persone: la loro singolarità irrepetibile.; ma che per altro verso fa avvertire l’identità della natura , l’analogia degli elementi costitutivi e della struttura essenziale. L’altro, come specchio, non è riproduttore passivo e irrazionale, ma un altro “io”, capace di vivere la realtà di chi gli sta davanti , con partecipazione critica. L’ideale sarebbe poter incontrare il “proprio” specchio: un'altra persona intensamente affine per doti , struttura ed esperienza e magari dotata di una preparazione e di una capacità critica particolarmente efficienti.”

“Se è difficile incontrare lo specchio ideale nella singola persona , lo si può in qualche modo “costruire “. Poiché c’è in ogni persona qualche tratto con il quale ci sentiamo in sintonia , è come se in un frammento di specchio, possa riflettersi una parte della propria immagine. Raccogliendo la molteplicità di riflessi parziali , a poco a poco si giunge a ottenere una un’immagine sufficientemente obiettiva. Un risultato apprezzabile di tale metodo, presuppone una decisa volontà di autoconoscenza. Occorre anche una elementare ma coraggiosa onestà verso se stessi. Molti hanno paura di conoscersi, per il timore di dover riconoscere colpe e difetti, con i quali è forse penoso convivere, ma dai quali è arduo separarsi. All’onestà e al coraggio di dover essere se stessi nulla e nessuno si può sostituire : la persona non è più persona nel momento in cui abdica al proprio protagonismo. Da tutti e da tutto si può trarre vantaggio per realizzare se stessi, ma nulla e nessuno può sostituire il soggetto irripetibile . La conoscenza di sé, dunque si articola secondo un duplice processo, introspettivo e dialogico, vissuto in relazione con il contesto cosmico e storico. Conoscere se stessi è guardarsi dentro , rispecchiarsi negli altri, cogliersi in relazione al mondo e alla storia. Da tale conoscenza scaturisce la coscienza della propria autonomia e del proprio compito.”

“Accettare se stessi è riconoscersi nella figura emergente dal patrimonio genetico, culturale e storico ed accoglierla come propria identità originaria. Per il credente, accettarsi vuol dire riconoscere inscritto nella propria autoimmagine , collocata in un determinato contesto storico e cosmico, un progetto di Dio da realizzare. Nell’insieme delle qualità ,delle tendenze, delle facoltà e perfino dei limiti e delle carenze, può cogliere l’abbozzo di un progetto da realizzare con intelligenza e fedeltà. Tuttavia , egli dovrà tenersi disponibile a percorrere un itinerario che solo Dio conosce e che si andrà rivelando passo passo . L’accettazione di sé , suppone l’umiltà di farsi responsabili di una avventura, di cui si conoscono appena delle indicazioni misteriose e del cui esito solo Dio è garante. San Bonaventura dice che l’itinerario che l’uomo percorre per arrivare all’unione con Dio è lo stesso che Dio ha percorso per manifestarsi all’uomo ed illustra il concetto con l’immagine del raggio di luce che cade perpendicolarmente allo specchio, ritornando alla sua fonte riflesso lungo il medesimo percorso.. L’accettare la propria struttura espressa nell’autoimmagine , è dunque offrirsi fiduciosamente all’imprevedibile, tenendo conto che l’identità personale, rivelataci dalla coscienza, è solo ombra di quella identità compiuta che solo in Dio ci sarà dato di conoscere. Nel cristiano si avvera il paradosso secondo il quale la persona tanto meglio realizza la propria identità originaria , quanto più è conformata a Cristo e assorbita in Dio: il massimo dell’alienazione coincide con il massimo della identificazione: proprio quando l’uomo è trasumanato e totalmente unito a Dio , quindi fuori di sé, alienato dalla condizione di peccatore e creatura inconsistente , allora egli è veramente se stesso , perché ha raggiunto la pienezza dell’essere.”


27/04/11

Discernimento su Sai Baba


di Giuseppe Gorlani

Sathya Sai Baba si autoproclamava un avatar. Pare che verso la fine della sua vita Ananda Moy Ma abbia confermato ciò, precisando, tra l’altro, come egli fosse un avatar di statura spirituale particolarmente elevata. Quello che ne posso personalmente dire è che, oltre a non sentirmene minimamente attratto, egli rappresentava quel tipo di approccio alla spiritualità dal quale ritengo consigliabile (soprattutto per gli occidentali) tenersi lontani. Ho sempre diffidato dei guru famosi, delle “nuove” forme di spiritualità, delle masse adoranti ed acritiche, degli isterismi devozionali, delle “conversioni” orizzontali, delle aspettative salvifiche proiettate fuori di sé. Credo che il rapporto tra maestro e discepolo, Guru-Shishya, sia diretto e affatto personale, lontano da ogni forma di frastuono e di autocompiacimento. Sicuramente si trattava di un uomo dotato di potere e di carisma; tuttavia si sa come tali qualità non siano necessariamente segni di realizzazione o di illuminazione. Trovo inoltre penosi e sospetti lo sfarzo e le atmosfere di maldicenza, violenza, ipocrisia, fanatismo e meschinità che inevitabilmente si manifestano intorno ad un uomo santo o supposto tale. Tutte le vie autenticamente tradizionali custodiscono al proprio interno opportunità di risveglio o di salvezza e ad esse è preferibile rivolgersi, purché la propria aspirazione all’elevazione o all’unione col Sommo Bene sia sincera.

Sai Baba parlava di unione al vertice di tutte le religioni e quindi di trascendenza delle differenze. Tale concetto astratto, tuttavia, può dar adito a molta confusione, se non debitamente spiegato e compreso. Per usare una metafora semplice, la barca che si utilizza per attraversare il fiume della condizione umana decaduta può essere abbandonata soltanto una volta che l’altra sponda sia stata raggiunta. Perciò il discorso del superamento delle diversità tra le varie vie tradizionali e del loro valore è solo di chi abbia realmente toccato (non importa se per grazia o per merito) il fondo dell’essere. Mentre si attraversa il fiume è invece di fondamentale importanza restare concentrati sulla barca che ci porta.