26/01/12

Il mistero dello yeti alla luce della tradizione biblica

Attilio Mordini, Il mistero dello yeti alla luce della tradizione biblica,
Cantagalli 2012, Collana Le Dracme, pag. 104, euro 12,00.
Prefazione di Carlo Lapucci.

Dalla quarta di copertina:

Un fatto curioso - quello dell'incontro nei boschi dell'Himalaya con lo yeti - raccontato da un cercatore di orchidee, suggerisce all'Autore lo spunto per una riflessione assai originale. Un fatto di cronaca diventa lettura di eventi metastorici. Attraverso queste pagine di ermeneutica, viene detto, con note dal timbro profetico, cosa sarebbe stato l'uomo fuori dall'economia della salvezza, che redime l'umanita' perduta prima col castigo amaro del diluvio, poi, dopo il pentimento, con l'amore dell'Incarnazione.


23/01/12

2012, tutte le bugie sui vaticini dei maya

di Massimo Introvigne


La Bussola Quotidiana ha già avuto occasione di consigliare per il 2012 ai suoi lettori – per rispondere allo sciocchezzaio che impazza secondo cui si tratterebbe dell’anno della fine del mondo – il bel libro di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari “2012 - Catastrofismo e fine dei tempi” (Piemme 2010). Questi antidoti sono necessari perché le sciocchezze continuano, anche su quotidiani apparentemente «seri». La storia, tutta la storia finirà il 21 dicembre 2012, si ripete, lo assicurano i Maya. Vale la pena allora di chiederci che cosa c’è – eventualmente – di vero in questa storia che sta facendo ancora una volta il giro del mondo.

Per rispondere con una parola sola: nulla. Cominciamo con una risposta di buon senso, che però nei discorsi di questi giorni va completamente perduta. Ammettiamo – ma vedremo in seguito che non è così – che gli antichi Maya abbiano davvero previsto la fine del mondo per il 21 dicembre 2012. Questo ci direbbe qualcosa sui Maya, ma nulla sulla fine del mondo. La cultura e le credenze dei Maya non sono “la verità”, ed è strano che qualcuno oggi le prenda come guida infallibile. Per esempio, i Maya credevano che gli dei avessero bisogno di sacrifici umani, un elemento assolutamente centrale nella loro cultura Credevano anche che migliaia di sacrifici umani avrebbero reso i loro regni invincibili ed eterni. Non è successo: i regni Maya sono stati spazzati via dalla conquista spagnola. Elementi non secondari, anzi fondamentali della visione del mondo dei Maya si sono rivelati falsi.

Inoltre, della fine del mondo nel 2012 nessuno aveva sentito parlare fino agli anni d’oro del dopo-1968 e del New Age. Antropologi accademici hanno visitato in lungo e in largo le comunità dei discendenti dei Maya in Messico e in Guatemala e non hanno trovato nessuna particolare aspettativa relativa al 2012. E si tratta di comunità che conservano moltissimi elementi della cultura Maya precolombiana.

La storia della fine del mondo nel 2012 è stata sostanzialmente inventata da un teorico del New Age nato in Messico ma cittadino statunitense, José Argüelles (1939-2011), a partire dagli anni 1970 e illustrata particolarmente nel suo volume del 1987 “The Mayan Factor” (in italiano “Il fattore maya”). Argüelles – che è morto il 23 marzo 2011, così che non vedrà se nel 2012 la “sua” profezia si realizza o meno – aveva ottenuto un dottorato e tenuto corsi in varie università, ma la sua materia era la storia dell’arte, non l’archeologia o la cultura Maya. Inoltre egli ha sempre francamente dichiarato che molte sue teorie derivavano da “visioni” che aveva avuto sotto l’influsso dell’LSD. Neppure un solo specialista accademico dei Maya ha mai preso sul serio Argüelles o le sue teorie sul 2012, e “ciarlatano” non è neppure la più severa fra le molte espressioni sgradevoli che la comunità accademica ha usato nei suoi confronti.

Il libro di Argüelles parte da un dato vero. Per i Maya questo mondo è iniziato a una data che può essere calcolata. Varie fonti danno diverse versioni, ma la data più diffusa corrisponde all’anno 3114 a.C. del nostro calendario. Da questa data iniziano cicli di anni chiamati b’ak’tun. Molti testi Maya parlano di venti b’ak’tun, dopo di che finirà questo mondo o ciclo. In una data che corrisponde nel nostro calendario a uno dei tre giorni fra il 21 e il 23 dicembre 2012 secondo questi testi Maya finirà il tredicesimo b’ak’tun e inizierà il quattordicesimo.

Senonché la fine di un b’ak’tun per i Maya non è la fine del mondo come la intende l’Occidente cristiano. Anzi la fine di un b’ak’tun per i Maya è occasione di celebrazioni e feste. Le iscrizioni e altre fonti che parlano di avvenimenti rilevanti in occasione della fine del tredicesimo b’ak’tun, nel nostro dicembre 2012, fanno riferimento appunto a celebrazioni.

Argüelles e i suoi sostenitori insistono sul Monumento 6 del sito archeologico Maya di Tortuguero, in Messico, che in corrispondenza della fine del tredicesimo b’ak’tun allude in termini peraltro confusi alla discesa di divinità e al fatto che “verrà il nero”. I commentatori accademici delle iscrizioni di Tortuguero pensano che si faccia riferimento anche qui a future cerimonie. In ogni caso, se si guarda al complesso dei testi di Tortuguero, si trovano riferimenti anche ai b’ak’tun dal quattordicesimo al ventesimo, per cui è certo che i Maya dell’epoca di questi monumenti (secolo VII d.C.) non pensavano affatto che il mondo sarebbe finito nel nostro 2012, cioè alla fine del tredicesimo b’ak’tun.

E non è neppure certo che i Maya pensassero a una fine del mondo con la fine del ventesimo b’ak’tun (da cui comunque ci separa qualche millennio), perché prima del nostro mondo ce n’era stato un altro, e potrebbe dunque trattarsi della fine di un mondo e non del mondo. E rimane anche vero che delle credenze dei Maya noi abbiamo un quadro incompleto e frammentario.
Non bisogna poi confondere le conoscenze astronomiche dei Maya, abbastanza avanzate, con le loro credenze religiose o magiche. Un calendario costruito sulla base di osservazioni astronomiche più o meno precise ci dice “quando” secondo un certo modo di calcolo termina un ciclo. Ma “che cosa” succede alla fine di questo ciclo non ce lo dice l’astronomia ma la religione o l’astrologia.
Il problema, però, è che non è neppure certo che i Maya avessero un’astrologia. Tutto quello che si può dire è che è possibile – ma non certo – che alcuni segni trovati in diversi codici e principalmente in quello di Parigi, acquisito dalla Biblioteca Nazionale della capitale francese nel 1832 – mettano in corrispondenza animali e costellazioni, creando una sorta di zodiaco, forse con significato astrologico. Siamo dunque in presenza di una congettura sull'esistenza di tredici simboli che potrebbero formare uno zodiaco e che secondo l'interpretazione più autorevole sono: due tipi diversi di uccelli (ma è difficile identificare quali siano), uno squalo o pesce “xoc”, uno scorpione, una tartaruga, un serpente a sonagli, un serpente più grande ma non identificato quanto alla specie, uno scheletro, un pipistrello, più due animali che corrispondono a zone del codice (di Parigi) troppo danneggiate per un'identificazione certa. Dal momento che non è neppure certo che esistesse un’astrologia Maya, ogni congettura su “previsioni” collegate a questa astrologia è del tutto insensata.

Ma, se si tratta di congetture insensate, perché ci sono oltre un milione di siti Internet, centinaia di libri e trasmissioni televisive quotidiane che le diffondono? Diversi studiosi accademici dei Maya, piuttosto infastiditi, hanno parlato di una pura speculazione commerciale. È servita a lanciare diversi film, alcuni dei quali dal punto di vista meramente cinematografico sono anche ben fatti e gradevoli, purché li si consideri appunto dei semplici film e non si pretenda di ricavarne profezie autentiche.
Il sociologo forse può anche dire due cose in più. La prima riguarda l’enorme impatto della “popular culture” – romanzi, film, televisione – su un’opinione pubblica dove ormai è la vita a imitare l’arte e non viceversa e la fiction è considerata fonte d’informazioni sulla realtà (“Il Codice da Vinci” insegna). L’ultima puntata, del 2002, della popolarissima e storica serie televisiva X-Files annunciava l’invasione degli alieni proprio per il 21 dicembre 2012. Serie TV e film hanno una grandissima influenza su un pubblico “postmoderno”, dove i confini fra finzione e realtà si sono fatti davvero molto labili.

La seconda osservazione parte da un fatto: l’idea della profezia Maya lanciata da Argüelles era parte integrante del New Age. Oggi il New Age è in crisi, ma ci sono molti che – per le più svariate ragioni – hanno interesse a rilanciarlo. La diffusione della presunta profezia sul 2012 è stata ed è una grande occasione di rilancio del New Age.

Per noi cattolici l’occasione potrebbe essere buona per parlare male del New Age. Ma non solo. Papa Benedetto XVI nell’enciclica del 2007 Spe salvi lamenta che nella Chiesa non si parli abbastanza della fine del mondo, perché la prospettiva della fine della storia e del Giudizio Universale, dove i sacrifici dei buoni e la malizia dei malvagi emergeranno agli occhi di tutti e saranno definitivamente giudicati, illumina l’intera storia umana. La Chiesa, però, ha sempre condannato il millenarismo, che pretende di detenere un sapere dettagliato, che va oltre la Sacra Scrittura e l’insegnamento del Magistero, sul “come” della fine del mondo e pensa di poterne determinare anche il “quando”. La Chiesa annuncia la parola del Vangelo di Matteo (25, 13): “Non sapete né il giorno né l’ora”. E chi afferma di saperli s’inganna, e inganna chi gli presta fede.

www.labussolaquotidiana.it

20/01/12

ROMA PRIMA DI ROMA

PAOLO GALIANO “ROMA PRIMA DI ROMA”

Ed. Simmetria,
Roma dicembre 2011
(www.simmetria.org)
prezzo 25 €

Negli ultimi tre secoli una poco conosciuta schiera di Autori italiani, che ha in Giambattista Vico il suo illustre predecessore, ha affrontato il tema della precedenza storica della civiltà degli antichi popoli italici rispetto a quelle del bacino del Mediterraneo, civiltà a cui questi scrittori dettero il nome di Saturnia Tellus o Terra di Saturno, rifacendosi alla mitica Età dell’Oro di Saturno, di cui gli scrittori classici, sia latini che greci, avevano parlato nelle loro opere.

Anche se essi ci possono far sorridere per la loro ingenuità, per le idee talora difficili da comprendere e per certe false etimologie che creano per giustificare la loro opera, ciò non toglie che si avverta la presenza di “ambienti” che li hanno sicuramente ispirati, “ambienti” che si possono far risalire a Centri esoterici più o meno ben individuabili, quale quello legato al Principe Raimondo De Sangro o ad alcune società segrete patriottiche delle guerre del Risorgimento.

La loro opera è la testimonianza di un mondo arcaico: la Tirrenide scomparsa con i grandi cataclismi che seguirono la fine dell’ultima Era Glaciale e la fase vulcanica che ne fu la conseguenza. E dalla Tirrenide giungono, tramite questi Autori, le tracce di una sapienza antica, a volte presenti nei miti e a volte fissate nella pietra dei più arcaici monumenti di Roma, la cui lettura consente, secondo la loro interpretazione, di risalire ad un’antichità ben maggiore rispetto a quella attribuita alla civiltà romana dalla scienza moderna.


16/01/12

Svāmī Abhiṣiktānanda. Un incontro con l’India

Martedì 24 gennaio 2012, alle 20.30 alla Libreria ASEQ di Roma
Relatori: Paolo Trianni e Ambrogio Bongiovanni
presentano:

Henri Le Saux
... Svāmī Abhiiktānanda. Un incontro con l’India
di Paolo Trianni
Edizioni Jaca Book


Dom Henri Le Saux (1910-1973) è stato il primo monaco benedettino e prete cattolico che ha raggiunto quello che la mistica dello Yoga denomina samādhi. Trasferitosi nel 1948 dalla natìa Bretagna in India, lasciò l’abbazia di Kergonan per fondare con Jules Monchanin un āśram cristiano rispettoso delle tradizioni ascetiche indù. Dopo la morte del compagno, abbracciò la vita itinerante tipica dei samnyāsin, vivendo in alcuni dei luoghi che la spiritualità indiana considera deputati alla ricerca interiore, come le rive del Gange o le grotte di Arunācala, dandosi a un’intensa vita contemplativa. Figura di riferimento del dialogo interreligioso, la sua missione è stata quella di mostrare all’Occidente un modo di vivere il cristianesimo fecondato dall’India, e agli indù una fede cristiana vicina alla loro sensibilità spirituale. Amico di Raimon Panikkar, con i suoi libri e la sua esperienza ne ha ispirato la ricerca teologica. Le Saux è così diventato un personaggio chiave per quegli occidentali che si interessano all’India e allo Yoga, così come per quella Chiesa missionaria che cerca di inculturare il messaggio cristiano nei contesti religiosi dell’Oriente.

Paolo Trianni, è nato a Pisa nel 1968. Professore incaricato all’Istituto di Studi Interdisciplinari su Religioni e Culture della Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, è autore di svariati libri ed articoli che hanno per tema il confronto metafisico e teologico con le culture religiose dell’India. Collaboratore del Master in Storia del pensiero teologico del Dipartimento di Ricerche filosofiche dell’Università Tor Vergata, è co-fondatore della collana Opuscola theologica e nella redazione delle riviste Uni-versum e Dilatato Corde.

Ambrogio Bongiovanni, Docente di dialogo interreligioso ed interculturale presso la Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Urbaniana (Roma) è membro dell’Advisory Board della Rivista Internazionale Dilatato Corde del Dialogo Interreligioso Monastico. Ha svolto attività di ricerca in India presso la Jawaharlal Nehru University di Delhi e presso il CISRS – Christian Institute for the Study of Religion and Society. Ha lavorato come Esperto presso le Nazioni Unite a Delhi. Dal 1990 ha vissuto alcuni anni in India conducendo iniziative di dialogo interreligioso e di riabilitazione educativa per bambine di strada fondando insieme alla moglie il centro Asha Niwas. Sue recenti pubblicazioni sono: “Il dialogo interreligioso. Orientamenti per la formazione” (EMI, Bologna 2008). “Fondamentalismi” (EMI, Bologna 2010). “Windows on Dialogue” (ISPSK, Delhi 2012).

Ingresso libero fino ad esaurimento posti (60).

Per qualsiasi ulteriore informazione, è possibile contattarci direttamente allo 06 6868400 oppure, via email, all’indirizzo info@aseq.it

15/01/12

Il Fuoco segreto degli Alchimisti

GIORGIO SANGIORGIO,
Il Fuoco segreto degli Alchimisti,
Ed. Cenacolo Umanistico Adytum, 2011,
pagg. 553, € 37,00. -

Dalla Quarta di copertina:

L'alchimia richiede, più d'ogni altra disciplina esoterica, una costante applicazione pratica ed impegno intellettuale, se lo studioso desidera comprendere il criptico linguaggio simbolico.
L'autore, Giorgio Sangiorgio, in questo suo secondo lavoro sull'«Arte regale», prende per mano il lettore e lo guida nell'arduo sentiero ermetico descrivendo, con minuzia, le modalità operative che contraddistinguono le varie fasi del processo alchemico.

Il Fuoco segreto degli Alchimisti riprende gli argomenti già trattati nel precedente lavoro dello stesso autore, Agricoltura celeste, ma – nel contempo – approfondisce ulteriormente le tematiche operative, offrendo suggerimenti e tecniche utili per intraprendere, con una certa sicurezza, l'iter dell'alchimia interiore.
Il "segreto" fuoco degli alchimisti è uno stato di "armonia con il Creato", che permette a colui che opera alchemicamente di congiungere «la terra con il cielo» e conseguire una condizione psicofisica fuori dall'ordinario. L'operatività alchemica apporta una conoscenza profonda delle leggi della Natura e determina un equilibrio psicofisico che favorisce un'attiva sinergia tra l'anima dell'operatore, l'Anima del Mondo ed il Principio metafisico assoluto.
Le finalità dell'alchimia interiore sono, infatti, quelle di "purificare" la struttura psicofisica dell'uomo, creando il cosiddetto "vuoto dell'anima" e, in tal modo, dare spazio alle manifestazioni metafisiche dello spirito, che – nella pratica ermetica – assumono il significato di un "dialogo" con il proprio Nume o Genio, ponte tra le dimensioni terrene e quelle ultraterrene.

Per informazioni e richieste:

Cenacolo Umanistico Adytum
casella postale 318, 38100 Trento
tel.: 0464780106
website: www.cenacoloumanisticoadytum.it
e-mail: info@cenacoloumanisticoadytum.it