25/08/15

Le rivelazioni di Padre Silvano Fausti sulle dimissioni di Papa Benedetto XVI

Sulle cosiddette “rivelazioni” del p. Silvano Fausti  - un gesuita che fu confessore e padre spirituale del card. Martini - ci è stato chiesto di intervenire e dire la nostra. Il giornale “Libero” in un articolo del 20 luglio u.s.  sintetizzava i fatti come segue:  
“Padre Fausti si è spento a giugno, ma le sue ultime interviste, come aveva ricordato il Corriere qualche giorno fa, svelano retroscena sulle dimissioni di Ratzinger. Qualche giorno fa avevamo ricordato come lo stesso padre Fausti avesse rivelato di un colloquio tra Martini e Benedetto XVI in cui il Cardinale avrebbe detto all'allora Pontefice: "La Curia non cambia, è questo il momento di lasciare". Ma adesso sul rapporto tra Papa Ratzinger e Martini emergono nuovi particolari. Infatti, come ricorda anche Antonio Socci su Libero, in un'intervista registrata lo scorso aprile per "Gli Stati Generali", Fausti è chiaro: "Le dimissioni di Ratzinger erano già programmate". E aggiunge: "Alla sua elezione con Martini". (Video al minuto 10:51)
Secondo Fausti nel 2005 Martini e Ratzinger erano i due candidati contrapposti e Martini aveva qualche voto in più. Però qualcuno voleva bruciare entrambi i candidati per eleggere "uno di Curia, molto strisciante, che non ci è riuscito". Così Fausti svela un altro retroscena. "Scoperto il trucco - racconta nel video - Martini è andato la sera da Ratzinger e gli ha detto: accetta domani di diventare Papa con i voti miei... accetta tu, che sei in Curia da trent’anni e sei intelligente e onesto: se riesci a riformare la Curia bene, se no te ne vai". E ancora: "E il primo gesto che ha fatto è andato all'Aquila a porre la sua stola, il suo pallio sopra la tomba di Celestino V già dall’inizio del papato". Insomma secondo padre Fausti il Papato di Ratzinger era "a termine". E la breve durata sarebbe stata decisa in anticipo. Le parole di padre Fausti per il momento restano senza riscontri. Resta ancora il giallo: quale è stato il motivo che ha spinto Ratzinger a rinunciare al Soglio di Pietro?”

Mah, che dire?Francamente queste dichiarazioni ci lasciano piuttosto perplessi, intanto perché gettano una luce piuttosto sinistra sul Conclave e poi per l’uso di un linguaggio “politichese” e tatticista per nulla teologico che ci viene difficile immaginare possa essere appartenuto al biblista ed esegeta Martini (possibile poi, che il cardinale di Milano si sia rivolto al Papa in un modo così poco rispettoso?). Fa bene Antonio Socci a chiedersi sul suo blog: “Ma non c’era il segreto sul Conclave? Da dove vengono queste notizie?”. Per non parlare dell’inesattezza sulla visita di Benedetto XVI alla tomba di Celestino V che non è per niente avvenuta all’inizio del pontificato (siamo nel 2005), come dichiarato da p. Fausti, ma nel 2009! A nostro giudizio già questi elementi sono bastevoli per screditare le suddette dichiarazioni che sembrano solo chiacchiere in libertà. Naturalmente, anche noi pensiamo che sulle dimissioni di Papa Benedetto XVI qualcosa sfugga, ma preferiamo accontentarci dei motivi ufficiali. Ragionare sui “retroscena” o fare della dietrologia (il Vaticano è un nido di vipere, un labirinto di corruzione e simili) non ci sembra un esercizio molto cristiano. Anzi.

22/08/15

Il grande studioso di esoterismo Alberto Cesare Ambesi ci ha lasciati



Abbiamo appreso solo in questi giorni con viva commozione e dispiacere della scomparsa di Alberto Cesare Ambesi avvenuta sul finire del 2014.  Ne dava notizia Sandro Consolato sul sito internet della rivista di studi tradizionali “La Cittadella” il 10 febbraio u.s. (*) Pur non avendo mai incontrato o conosciuto Ambesi, ne abbiamo sempre apprezzato l’intelligenza, la cultura, la saggezza e l’innata signorilità. Vogliamo ricordarlo ora con un’interessante e molto ben documentato articolo sul tema controverso delle origini della Divina Commedia dantesca, apparso sempre sulla rivista summenzionata nel n. 12 del 2003 e sul web alla pagina
   
(*) http://www.lacittadella-web.com/forum/viewtopic.php?f=30&t=2649

L’amore (eccessivo?) per la cultura musulmana ha più volte indotto lo storico Franco Cardini a sostenere che sarebbe oramai comprovata e indiscutibile una diretta influenza del Corano sulla struttura della Commedia dantesca. Mi sia però consentito di non condividere.
Già, perché per trovare le vere prefigurazioni della massima opera di Dante occorre risalire a orizzonti che nulla hanno a che spartire con il testo “trasmesso” a Muhammad e che, per converso, avevano più volte illuminato i primi frutti poetici arabo-islamici indicati dallo stesso Cardini come ulteriori fonti dell’ispirazione dantesca. Basti pensare, innanzi tutto, al poema mazdaico (zoroastriano) Ardai Wiraz Namag (“Il libro di Ardai Viraz”) redatto intorno alla seconda metà del VI sec. d.C., ma di certo raccogliendo ed elaborando tematiche o spunti anteriori. E che si tratti di un’anticipazione di non poco rilievo è provato da diverse concordanze, dottrinali e poematiche, già rilevate dal dotto parsi Jvanji Jamsedi Modi nel contesto del volume Dante papers (Bombay, 1914).
Triplice è infatti, in entrambi i poemi, la ripartizione dei mondi ultraterreni (nel testo mazdaico la successione risulta la seguente: Purgatorio, concepito come “Luogo intermedio”, Paradiso, Inferno e ritorno al cospetto di Dio) e parimenti comune è il concetto che a ogni genere di colpa debba corrispondere una pena altrettanto caratteristica. Da rilevarsi, altresì, che anche ad Ardai Viraz è dato d’incontrare delle “guide” spirituali, anzi una coppia di maestri di sapere, con compiti di ammaestramento analoghi a quelli che saranno assolti, al fianco di Dante, da Virgilio, Beatrice e San Bernardo; nel caso in esame: gli arcangeli Atar, Figlio del Sommo Iddio e come tale custode del “Sacro Fuoco” della Vita, e Sraosha (“l’Obbedienza”), entità mediatrice tra il “Saggio Signore” (Ahura Mazda, ovviamente) e gli uomini tutti.
Ma vi è di più. Molto di più. Si trova, per esempio, nel testo iraniano l’incontro e il dialogo con il “Primo Uomo”, Gayomard, così come in Dante il colloquio con Adamo (canto XXVI del Paradiso), nonché, in entrambi, la presenza di incandescenti modulazioni volte a cantare la Luce, quale manifestazione ed essenza, a un tempo, della Regione Suprema (la “Casa della Lode”, secondo la definizione iranica). Non per nulla, fiammeggiano in Ardai Viraz strofe quali le seguenti: Vidi l’Estrema Luce fra le superne luci / Vidi i Beati sopra i troni d’oro / in lucenti vesti dorate / e con fulgore pari a quello del sole. Certo, a questo punto si potrebbe anche invocare l’universalità di talune immagini archetipali, per spiegare le concordanze che ho voluto sottolineare. Tuttavia, pur non escludendo il contributo di un simile fattore, desidero ancora rilevare che le tesi di Modi erano state anticipate di qualche anno da C. S. Boswell nel saggio Irish Precursors of Dante e accolte con vivo interesse dall’indianista Carlo Formichi (1871-1943).
Un ricordo – quello di Formichi – che sopraggiunge quanto mai opportuno, giacché egli fu tra i pochi, intorno agli anni quaranta dello scorso secolo, ad accogliere senza remore le ardite ipotesi espresse da Gabriele Rossetti (1783-1854) nella densa opera Il Mistero dell’amore platonico del Medioevo, nel cui contesto, e in specie nel 1° dei cinque volumi, non mancavano neppure i riferimenti alle dottrine manichee, come fonti ispirative della poesia dei “Fedeli d’Amore” e della poetica dantesca. E, a proposito del manicheismo, mi sia concesso di esporre il seguente quesito: “Franco Cardini ha mai avuto la possibilità di leggere il breve saggio Mani. Rapporti con Bardesane – S. Agostino – Dante (Vita e Pensiero Editrice, Milano, 1932) di Leone Tondelli e gli studi, molto più recenti e di tutt’altro orientamento, di Margarete Lochbrunner, pubblicati in diversi numeri di “Conoscenza religiosa” (si vedano le annate dal 1973 al 1977)?”.
In caso affermativo, perché mai ha sottaciuto le acquisizioni storico-dottrinarie espresse in quelle pagine e in base alle quali può dirsi indiscutibile l’influenza di tutta la sapienza persiana pre-islamica non solo su Dante e sulla cultura medievale occidentale, ma altresì sull’ismailismo (lo shi’ismo settimano), sul nusairismo, nonché sulle più alte espressioni del sufismo iranico? Se poi si aggiunge, come qui aggiungo, che, a sostegno di questa tesi, si inserisce l’opera omnia di uno studioso della statura di Henry Corbin (1903-1978), ritengo che si possa e si debba manifestare più di una perplessità di fronte al silenzio assunto dallo storico fiorentino. Tanto più che troppo spesso si è dimenticato di ricordare che la civiltà musulmana non avrebbe mai raggiunto i livelli, che è doveroso riconoscerle, senza i ricorrenti apporti, matematici e scientifici, provenienti dall’India e dalla Cina.
Ma questo è discorso da svilupparsi in altra occasione, magari ricordando anche che l’Islam, dopo un breve periodo di tolleranza nei riguardi dei filosofi neoplatonici, dei mandei e dei cristiani nestoriani, perché chiamati a fungere da “maestri” nella nascente società musulmana, non tardò a rivelarsi come un feroce persecutore di sabei, zoroastriani e manichei, oltre che matrigna, nei confronti di diversi dei suoi mistici o iniziati: da Abû ’Abdillah Hallâj (857-922), messo a morte a seguito di una condanna (fatwâ) del solito collegio di giuristi e con la complicità di talune cerchie di sufi, a Shihâboddin Sohrawardî (1155-1191), pensatore di valore universale e fatto uccidere da quel Salâhaddîn (Saladino) che Cardini, se non ricordo male, ha mostrato più volte di ammirare senza riserve; da Nizar b. Ma’add (?-1095), gentilmente murato vivo ad Alessandria, al mite ’Ali Muhammad di Shiraz, il Bab (“La Porta”), fucilato nel 1850, all’età di trent’anni, per avere proclamato la necessità di superare il Corano, così come il Corano era andato oltre, a suo giudizio, i precetti formulati dalla Bibbia.
E per il momento basti. Il mio discorso sulla necessità di riscoprire e rivalutare l’antica sapienza persiana, sia sotto il profilo storico sia alla luce del futuro che ci facciamo venire incontro, verrà comunque ripreso, ampliato e approfondito quanto prima. Qui e altrove.

Alberto Cesare Ambesi


BREVE NOTA BIOGRAFICA

Alberto Cesare Ambesi è nato a Torino nel 1931. A Milano, ha insegnato storia dell’arte e semiotica all’ “ International College of Sciences and Arts” e allo “Istituto Europeo del Design (Dipartimento di Comunicazione)”. E’ autore di estesi contributi, nell’ambito delle discipline del folklore e dell’esoterismo, nel Dizionario Enciclopedico della UTET, di voci dedicate alle arti oceaniane, amerindiane e africane sull’Enciclopedia dell’Arte della Garzanti.
In tempi diversi ha collaborato ai supplementi, o alle pagine culturali, dei quotidiani La Stampa ( prime serie di: “Tuttolibri” e “ Tuttoscienze”), Il Giornale e La Regione Ticino di Bellinzona, oltre che a diversi periodici culturali. Titolare di rubrica sul mensile Sphera (già “Hera”), dal mese di settembre 2008 fino al 2013 è stato direttore editoriale di “Atrium”, trimestrale di studi metafisici e umanistici del Cenacolo Umanistico Adytum. E’collaboratore dell’autorevole mensile “ “Civiltà” e iscritto all’ Ordine dei Giornalisti, elenco pubblicisti, dall’ottobre 1959.
Fra i suoi volumi, si ricordano qui:” Oceanic Art” (Hamlyn House, Middlesex, 1970), “Dante, il poeta che immaginò l’Eterno” (Peruzzo Editore, Milano,1985/1988), “L’enigma dei Rosacroce” (Edizioni Mediterranee, Roma, 1990), “Atlantide e Le Società esoteriche” (due monografie edite da Xenia, Milano, 1994), “I maestri del Tempio” (Asefi –Terziaria, Milano 1995), “Il panteismo” (Xenia, Milano, 2000), l’edizione ampliata e rinnovata di “Scienze, Arti e Alchimia” (Hermatena, Riola, 2007) e i nuovi saggi “Nella luce di Mani” (Cenacolo Umanistico Adytum, Trento, 2007) e “Il Labirinto” (Edizioni Età dell’Acquario, Torino, 2008).
E’ stato il curatore dell’ edizione italiana della monumentale opera, “L’Europa misteriosa” (Selezione dal Reader’s Digest, Milano,1986) dove viene citata  - per la prima volta in un volume a diffusione mondiale -  l’Alleanza Tradizionale Michele Arcangelo e dei volumi: “La Massoneria-Storia e Iniziazione di Ch. Jaq” (4^ ediz., Milano 2005) e “Il Mazdeismo universale di Michele Moramarco” (Bastogi Editore, Foggia, 2010).

18/08/15

I "fanatici dell'Apocalisse" vengono allo scoperto


Batsheva è la guida del nostro un gruppo: sette-otto euro­pei e un paio di imman­ca­bili giap­po­nesi. Ebrea suda­fri­cana, gio­vane, ci tiene a pre­sen­tarsi subito come la moglie di uno dei prin­ci­pali rab­bini che diri­gono l’Istituto del Tem­pio (https://​www​.tem​plein​sti​tute​.org/​m​a​i​n​.​htm) che da quasi trent’anni pro­getta la rico­stru­zione del Tem­pio ebraico a Geru­sa­lemme. Il terzo dopo i due distrutti rispet­ti­va­mente dai Babi­lo­nesi e dai Romani. Con fare sciolto e qual­che bat­tuta scher­zosa, prova a darsi un’immagine di donna sem­plice ma in grado di pre­sen­tare bene un argo­mento tanto deli­cato. Ci spiega che l’istituto — situato in un edi­fi­cio di Via Misgav Ladach nel quar­tiere ebraico della città vec­chia di Geru­sa­lemme — sta ricreando e con­ser­vando vasi, oggetti, strut­ture rituali di legno e altri ele­menti pro­pri del Tem­pio biblico che un giorno andranno ad arre­dare il Terzo Tem­pio. «Chi desi­de­rava costruire il Tem­pio ma fu costretto a rinun­ciare per­chè era un coman­dante mili­tare?», domanda Batsheva ai pre­senti con tono da mae­stra. Un mano si alza alle nostre spalle. «Re Davide» risponde una signora. «Bra­vis­sima», replica Batsheva.
Nella prima sala dell’Istituto domina il pla­stico del Secondo Tem­pio e dipinti di pro­feti. Nella seconda ci sono ripro­du­zioni di abiti tra­di­zio­nali di sacer­doti e una strut­tura rituale in legno. Batsheva parla come un tor­rente in piena, poi chiede ai pre­senti di fare domande. Ha un paio di secondi di esi­ta­zione quando una par­te­ci­pante al tour chiede se nel Terzo Tem­pio saranno sacri­fi­cati ani­mali. Dopo averci pen­sato su risponde che la que­stione è dibat­tuta da lungo tempo e con con­clu­sioni discor­danti. Il pezzo forte è nella terza sala. Batsheva con gesti solenni apre una tenda per mostrarci una ripro­du­zione a gran­dezza reale (si pre­sume) dell’Arca dell’Alleanza. Siamo alla con­clu­sione del giro e fac­ciamo una domanda alla nostra guida: «Que­sto isti­tuto intende rico­struire il Tem­pio ma nel sito che voi indi­cate qui a Geru­sa­lemme ci sono da 1300 anni le moschee di al Aqsa e della Roc­cia, il terzo luogo santo dell’Islam. Che fine fareb­bero?». Batsheva, a nostro avviso, evita di dare sfogo alla voce del cuore. Sce­glie il lin­guag­gio della diplo­ma­zia. «Non so dare una rispo­sta. Posso dire sol­tanto che ci dob­biamo pre­pa­rare a rico­struire il Tem­pio, è un nostro dovere come ebrei. Come e quando avverrà non lo sap­piamo», ci dice. Poi aggiunge parole, a nostro avviso, illu­mi­nanti: «Un tempo pochis­simi (ebrei) par­la­vano della costru­zione del Terzo Tem­pio, oggi sono tanti, sem­pre di più. E con noi abbiamo anche 12 depu­tati della Knes­set (il Parlamento)».
Ha ragione Batsheva. Quelli che fino a qual­che anno fa appa­ri­vano come pro­po­siti biz­zarri di un grup­petto di fedeli abba­gliati dalle sacre scrit­ture, oggi sono la base ideo­lo­gica di un movi­mento arti­co­lato, non solo reli­gioso orto­dosso, con ran­ghi sem­pre più folti, che riceve soste­gno da alcuni mini­stri del governo Neta­nyahu non­chè aiuti e finan­zia­menti dall’estero, anche da orga­niz­za­zioni cri­stiane sio­ni­ste. Milioni di ame­ri­cani, ad esem­pio, sognano la rico­stru­zione del Tem­pio ebraico al posto delle moschee per­chè cre­dono che inne­scherà con­flitti apo­ca­lit­tici, la venuta dell’Anticristo e la vit­to­ria finale del “Regno di Dio”. Non sor­prende per­ciò che la cam­pa­gna di finan­zi­mento lan­ciata dal rab­bino Chaim Rich­man, dell’Istituto del Tem­pio, per alle­vare in Israele una “gio­venca rossa per­fetta” (https://​www​.you​tube​.com/​w​a​t​c​h​?​v​=​n​H​n​j​O​i​a​g​h-g) abbia già visto 415 per­sone donare in meno di un mese 31.150 dol­lari, sui 125 mila neces­sari per rea­liz­zare il pro­getto (le ceneri della “gio­venca rossa per­fetta” saranno uti­liz­zate in un rituale di puri­fi­ca­zione del Tem­pio. L’animale intro­durrà l’avvento del Messia).
Sulla strada della costru­zione del Terzo Tem­pio c’è tut­ta­via la sgra­dita pre­senza della Cupola della Roc­cia e di al Aqsa e gli appelli che i più estre­mi­sti lan­ciano per l’eliminazione delle due moschee, get­tano nello sgo­mento i pale­sti­nesi musul­mani e infiam­mano l’intero mondo isla­mico. La ten­sione nella città vec­chia ormai è costante. Gli scon­tri tra dimo­stranti pale­sti­nesi e poli­zia si ripe­tono ad ogni ten­ta­tivo da parte di mili­tanti del movi­mento per la (ri)conquista del Monte del Tem­pio di entrare sulla Spia­nata delle moschee. E la stampa, soprat­tutto quella occi­den­tale, offre il suo con­tri­buto descri­vendo in gran parte dei casi gli atti­vi­sti del Tem­pio come sem­plici reli­giosi ebrei desi­de­rosi di pre­gare nel luogo santo e i pale­sti­nesi musul­mani come dei fana­tici vio­lenti. Anche gli stra­nieri danno il loro aiuto. Qual­che giorno fa un fran­cese ha sven­to­lato la ban­diera di Israele sulla Spia­nata delle moschee prima di essere cac­ciato via e ferito leg­ger­mente dai fedeli musul­mani. Cosa acca­drebbe se i pale­sti­nesi chie­des­sero di pre­gare rego­lar­mente al Muro del Pianto (ugual­mente sacro all’Islam) sven­to­lando ogni volta la loro ban­diera nel sito reli­gioso più impor­tante per l’Ebraismo? I media inter­na­zio­nali non sem­brano porsi que­sto inter­ro­ga­tivo quando rac­con­tano delle “vio­lente rea­zioni palestinesi”.
Gli ebrei orto­dossi e le auto­rità rab­bi­ni­che cre­dono che la rico­stru­zione del Tem­pio debba avve­nire nell’epoca del Mes­sia e per mano della Divina Prov­vi­denza. E per que­sta ragione agli ebrei non è con­sen­tito entrare sulla Spia­nata delle moschee. Ma oggi per motivi soprat­tutto poli­tici, non è più una mino­ranza esi­gua, insi­gni­fi­cante, la parte che afferma che gli ebrei sono chia­mati a rico­struirlo quanto prima. Ricon­qui­stare il Monte del Tem­pio è dive­nuto un impe­ra­tivo per buona parte della destra nazio­na­li­sta, reli­giosa e laica, che intende imporre la piena sovra­nità di Israele sul sito “incau­ta­mente” lasciato al con­trollo del Waqf isla­mico dopo l’occupazione della città vec­chia e di Geru­sa­lemme Est nel 1967. Tre mini­stri del par­tito Casa ebraica – Uri Ariel, Aye­let Sha­ked e Naf­tali Ben­nett – ed espo­nenti di primo piano del Likud come la mini­stra della cul­tura Miri Regev e la vice mini­stra degli esteri Tzipi Hoto­veli, sosten­gono aper­ta­mente il “ripri­stino” della totale sovra­nità ebraica sulla Spia­nata di al Aqsa. Posi­zione che offre una coper­tura poli­tica ai rap­pre­sen­tanti della destra estrema reli­giosa come Yehuda Glick (lea­der di Diritti Umani per il Monte del Tem­pio, ferito gra­ve­mente quasi un anno da un pale­sti­nese a Geru­sa­lemme), agli ex depu­tati Moshe Flei­gin, Aryeh Eldad e Michael Ben Ari per por­tare avanti la loro cam­pa­gna. E non man­cano i tifosi del Terzo Tem­pio anche in Campo Sio­ni­sta (labu­ri­sti), il depu­tato Hilik Bar ad esempio.
Deci­sivo per la cre­scita del movi­mento negli ultimi due-tre anni è stato il gruppo “Stu­denti per il Monte del Tem­pio”, for­mato da Im Tirzu (i gio­vani di Casa ebraica), che ha allar­gato il discorso della sovra­nità israe­liana sulla Spia­nata delle moschee alle nuove gene­ra­zioni. Tutte que­ste forze, ai ver­tici della poli­tica o alla base della società, hanno come primo obiet­tivo l’introduzione sulla Spia­nata di al Aqsa del sistema adot­tato da Israele dopo il mas­sa­cro com­piuto da un colono (feb­braio 1994) di 29 pale­sti­nesi alla Tomba dei Patriar­chi di Hebron: la spar­ti­zione del sito reli­gioso, con due sezioni, una pale­sti­nese e una ebraica. E girano voci di con­tatti segreti tra Tel Aviv e Amman, con il favore degli Usa, per strap­pare al Waqf pale­sti­nese l’amministrazione delle Moschee di Geru­sa­lemme per pas­sarla al mini­stero degli affari reli­giosi della Gior­da­nia. Al resto natu­ral­mente ci pen­serà la Divina Prov­vi­denza. Intanto nes­suno sem­bra dare peso ad un punto cen­trale: toc­care le moschee di Geru­sa­lemme signi­fi­che­rebbe inne­scare rivolte pale­sti­nesi e isla­mi­che gigan­te­sche e dalle con­se­guenze inim­ma­gi­na­bili, nella regione e non solo.