06/05/16

E’ l’ora del Rogate! (II parte)

Giuseppe Maddalena
  
4.     “Status in ordine triplex”

     Sarà bene ora soffermarsi sulla Triade Sacra e considerare il significato che assume nella civiltà cristiana. E’ noto dagli studi di George Dumézil che il modello trifunzionale della società è antichissimo ed è tipico della civiltà indoeuropea.  Nelle società antiche di ceppo indoeuropea lo schema triangolare ha un largo impiego culturale: lo si ritrova anche nella strutturazione di miti e nella ricostruzione di eventi storici. Le tre funzioni sono quella del governo della società mediante  il carisma religioso, inteso in senso magico, o mediante un potere giuridico; quella dell’uso della forza guerriera, e quello della produzione.  Elemento fondamentale del trifunzionalismo è la convinzione che dalla collaborazione delle tre classi nasce l’armonia della vita sociale e più facilmente viene conservata la pace con gli altri popoli. Una società che fosse priva di una delle tre funzioni risulterebbe squilibrata e tenderebbe a integrarsi, mediante un conflitto armato, con un popolo che proprio di quella unica funzione mancante – di solito quella produttiva -fosse dotato.  Una elaborazione molto più chiara e razionalmente  fondata della tripartizione funzionale è quella filosofica, contenuta  nel III libro della Repubblica di Platone,  nel quale viene stabilita una corrispondenza tra la struttura dell’anima umana -  che ha una parte razionale, che tende alla saggezza,  una irascibile, da cui derivano gli impulsi aggressivi da dominare con la ragione e da porre al servizio della saggezza, e una concupiscibile, che è la sorgente delle energie produttive  -  e l’organizzazione dello Stato – che deve risultare  articolato nelle tre classi corrispettive dei custodi, dei guerrieri e di tutti coloro che svolgono le altre attività necessarie alla vita della società (contadini, operai, commercianti, ecc.).  Lo schema triangolare riappare nel Medio Evo con la teoria dei tre ordini – oratores, bellatores, laborantes – di cui si compone la società. Ci avviciniamo così al cuore della questione. Uno dei più antichi documenti della rappresentazione trifunzionale nel Medioevo è contenuto nel Carmen ad Rotbertum regem  che Adalberto di Laon, cancelliere di re Lotario di Francia, poi vescovo di Laon,  dedicò a Roberto II (il successore di Ugo Capeto).   Vi si legge il seguente verso: “Res fidei  simplex, status sed in ordine triplex”, la res (publica Christiana) , cioè la società fondata sulla fede  è semplice,  omogenea, unitaria, perché fondata sulla fede comune, ma è articolata in tre ordini.   Res fidei può intendersi anche  come “la sostanza della fede”, ma il significato complessivo non cambia. Il concetto è ribadito in modo più preciso più avanti: “Triplex ergo Dei domus est, quae creditur una:/Nunc  orant, alii pugnant, aliique laborant./Quae tria sunt simul et scissuram non patiuntur”. Traduciamo: “la dimora di Dio, che sappiamo per fede che è unitaria nella sua essenza, ha una struttura tripartita: alcuni pregano, altri combattono, altri lavorano. Questi tre ordini stanno insieme e non subiscono divisioni”.  Nella res(publica Christiana) i cittadini sono di para dignità, perché figli di Dio, ma svolgono funzioni diverse. Vivono i cristiani in una doppia dimensione, quella di figli di Dio e quella di membri della società, con funzioni differenziate. Esiste dunque un trifunzionalismo cristiano, che però non va inteso come una adattamento a nuove circostanze storiche  e culturali  di un’unica antica dottrina, nella sostanza sempre uguale. Un fatto radicalmente  nuovo e impensabile è accaduto nella storia dell’umanità. Il Verbo eterno ha assunto su di sé l’umanità e con essa  la sua  storia. il modello della società dovrà avere pertanto un  fondamento  non più soltanto antropologico, ma teandrico; il modello non è più l’uomo, ma l’Uomo-Dio  e  dall’Uomo-Dio bisognerà ripartire per disegnare un modello di società.

5. Gesù archetipo vivente

    Sulla funzione regale e sacerdotale di Gesù  è illuminante la Lettera agli Ebrei: essa rivela che Gesù è il vero Re e il vero Sacerdote, perché è al tempo stesso vero Dio e vero uomo. Su questo punto lasciamo la parola a  Benedetto XVI: “L’Autore della Lettera agli Ebrei ha aperto una nuova strada per capire l’Antico Testamento come libro che parla su Cristo. La tradizione precedente aveva visto Cristo soprattutto, essenzialmente, nella chiave della promessa davidica, del vero Davide, del vero Re di Israele, vero  Re perché uomo e Dio. Ma l’Autore della Lettera agli Ebrei ha scoperto una citazione che fino a quel momento non era stata notata: Salmo 110,4 – “tu sei sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek”. Ciò significa che Gesù non solo adempie la promessa davidica, l’aspettativa del vero Re di Israele e del mondo, ma realizza anche la promessa del vero Sacerdote. In parte dell’Antico Testamento, soprattutto anche in Qumran, vi sono due linee separate di attesa: il Re e il Sacerdote. L’Autore della Lettera agli ebrei, scoprendo questo  versetto ha capito che in Cristo sono unite le due promesse: Cristo è il vero Re, il Figlio di Dio – secondo il Salmo 2,7 che egli cita  – ma è anche il vero Sacerdote. Dovremmo aggiungere che è anche il Fabbro Divino", l’Artigiano, colui che mediante l’ars trasforma la materia, le imprime il segno della sua intelligenza e  la rende disponibile per l’uomo. Gesù, nella sua vita terrena,  prima di proclamare l’avvento del Regno, ha appreso nella bottega di Giuseppe la disciplina del lavoro e  la pratica di un’ ars (Marco 6,1-6) e ha reso il lavoro non più soltanto sacro, ma santo. Dalla sacralità pagana, che coglie  nella natura il mistero di una forza numinosa e pone il lavoro in relazione ad essa, ci si innalza alla santità cristiana, che è partecipazione alla santità di Dio. Gesù, l’Uomo-Dio, è dunque il modello da realizzare. Non si tratta però di un modello astratto, che viene proposto all’imitazione, è invece  l’archetipo vivente che infonde nell’uomo la grazia d’immedesimarvisi attivamente con   la collaborazione, sia pur faticosa e difficile, ai piani di Dio. Dunque, chiamati a vivere della Sua vita divina, misteriosamente uniti a  Gesù come il tralcio alla vite, abbiamo il compito, con i limiti, le imperfezioni e le fragilità che ci sono propri, di renderlo presente nel mondo. Bisogna dunque che ci si adoperi per cooperare alla Rifondazione della Triade Sacra. A proposito del Regnum, così si è espresso Joseph De Maistre:   “E' scritto: SONO IO CHE CREO I RE (Per me reges regnant, Prov., VIII, 15). Non è affatto una frase da pulpito né una metafora da predicatore; è la verità letterale, semplice e palpabile. E' una legge del mondo politico. Dio fa i re letteralmente. Egli prepara le stirpi regali; le matura entro una nube che nasconde la loro origine. Esse appaiono poi coronate di gloria e di onore; si stabiliscono; ed ecco il maggior segno della loro legittimità” (trad. di R. De Mattei e A. Sanfratello).
Ma ordinariamente, bisogna aggiungere,  Dio opera nella storia mediante l'agire dell'uomo.  Per  G.B. Vico la Provvidenza divina  (la Storia ideale eterna, la norma celeste, il dover essere) non opera come una necessità ineluttabile, come un Fato che s’imponga anche a dispetto della libera volontà dell'uomo. La Provvidenza si manifesta prima di tutto nell'uomo come sentire, poi come avvertimento, infine come chiara coscienza razionale e lo spinge ad operare in conformità alla sua legge, senza costrizione. La storia delle nazioni può infatti divergere dalla linea segnata dalla Volontà divina e di fatto spesso diverge. La realizzazione della Volontà di Dio richiede la fedele e generosa opera dell'uomo, il suo agire nella storia. Dunque l'azione civile e politica orienta la storia. Ma l'agire non basta, perché il puro agire politico  tende a rimanere vincolato al piano orizzontale del divenire storico e facilmente scivola nei maneggi e nelle trame della criptopolitica. Anche Vico ha bisogno di integrazione. E’ compito dell’uomo riannodare i fili che uniscono il Cielo e la Terra e a tanto non è sufficiente l’azione, per quanto retta sia, occorrono la vita spirituale e la preghiera (“chiedete ed otterrete”). Il rinnovamento della guida politica della società richiede non  cristiani “adulti” (qualità che ordinariamente si evoca per attribuirla a se stessi) ma  cristiani santi. Anche ai sacerdoti non si richiede di essere delle buone persone, moralmente ineccepibili, si chiede di essere santi, per la funzione altissima loro assegnata: “Nel mistero del sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra redenzione…..i presbiteri, unendosi con l'atto di Cristo sacerdote, si offrono ogni giorno totalmente a Dio, e nutrendosi del Corpo di Cristo partecipano dal fondo di se stessi alla carità  di colui che si dà come cibo ai fedeli.” (Presbyterorum Ordinis, Decreto del Concilio Vaticano II”).  Tutto il complesso delle attività civili, infine, alla luce del Vangelo e con la forza della grazia divina deve essere santificato. Attilio Mordini  in Verità del linguaggio (Roma, 1974, pag. 197) sottolinea la relazione esistente tra  ars e areté, tra arte e virtù. In effetti l’esercizio di un’arte (e in genere, aggiungiamo, di qualunque attività che  presupponga una techne) comporta, prima con l’apprendistato poi con la pratica quotidiana, l’acquisizione di un certo dominio di sé. Ancora Mordini  ricorda quanto segue: “Già nell'antica Roma i collegia facevano capo agli aediles plebeii …Agli edili spettava la manutenzione dei templi e il controllo dell'arca che era la cassa del collegia. Celebravano il culto di Cerere, dea delle messi e dell'abbondanza. Accanto al fascio di verghe del Senato v'era infatti il fascio di grano del Fratres Arvales. (pag. 207)...Il medioevo cristiano adempie anche la legge e le istituzioni romani, e i fasci di spighe degli Arvali, nutrimento del corpo e edificazione dello spirito, si riconoscono nell'Eucarestia” (pag. 208) ). Molto interessante l’impiego del simbolo delle spighe: c’è una continuità tra Roma antica e la civiltà cristiana: la civiltà pagana ha riconosciuto nell’attività fabbrile una scuola di virtù e l’ha espressa con il simbolo della spiga; nel cristianesimo la spiga lavorata dall’uomo e trasformata in pane diventa, con la consacrazione, il Corpo di Cristo; così il prodotto della natura, il lavoro dell’uomo e l’intervento divino rendono realmente presente Dio fra noi. “. Così la liturgia “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell'uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna”. Dunque l’intera società nella sua triplice articolazione deve essere rinnovata ab imis fundamentis. Il fondamento è Gesù, lo strumento è l’azione, ma soprattutto quella forma elevata di azione metapolitica che è la preghiera e in particolare la richiesta insistente e accompagnata dal sacrificio personale di un rinnovamento delle élite, la richiesta di santi “operai” della restaurazione. Per renderci consapevoli che è giunta l’ora - e il tempo preme con urgenza - di dedicarsi a quest’opera, ci è stato inviato Sant’Annibale Maria di Francia.

2 commenti:

  1. Bellissimo articolo! Complimenti all'autore per questa ricerca molto ispirata e documentata. C'è anche un terza parte dedicata a S'Annibale Maria di Francia, o sbaglio?


    saluti
    Paolo C.

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  2. Grazie Paolo. Ti confermo che la terza e ultima parte dell'articolo sarà probabilmente "postata" domani con importanti accenni a S. Annibale Maria di Francia e altro.
    Un caro saluto

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